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Palazzo San Gervasio, tra i ciclamini selvatici in riva al lago Santa Giulia

Dal promontorio su cui si erge, il bel centro storico di Palazzo San Gervasio domina gran parte della Murgia pugliese e della valle dell’alto Bradano. Forse fu scelto per questo dall’Imperatore di Svevia Federico II come sede di un possente castello-maniero, conosciuto anche come Palazzo Marchesale, utilizzato per l’allevamento dei suoi cavalli. E’ ancora visibile la facciata originaria con due torrioni a punta quadrata su cui si aprono quattro bifore e una trifora centrale, simile ad una loggia. Alle spalle del palazzo si erge un’altra costruzione coeva destinata alle scuderie imperiali.

Nell’omonimo palazzo è ospitata la Pinacoteca D’Errico, allestita da Camillo d’Errico, mecenate lucano e collezionista. Capolavori della pittura napoletana del ‘600 e del ‘700, incisioni a stampa del XIX secolo e 31 preziosi libri antichi, si affiancano all’interessante mostra archeologica “I guerrieri di Palazzo”, che espone reperti provenienti da recenti scavi per la realizzazione di pale eoliche, con ritrovamenti eccezionali. Presso la pinacoteca c’è anche il museo dei Guerrieri Sanniti, con ritrovamenti avvenuti durante gli scavi per le pale eoliche.

Se passeggiando per Palazzo San Gervasio, vi sembrerà di esserci già stati potrebbe essere merito di Lina Wertmuller che qui ha girato alcune scene del suo film “I Basilischi”. Suo padre, infatti, era un avvocato originario proprio di questo paese lucano.

Spostandoci di poco da Palazzo Marchesale, si incontra la bella chiesa madre di San Nicola (XIX sec.) in stile romanico e realizzata in tufo pugliese, già esistente nel 1544. Risale al 1753, invece, la chiesa di San Rocco, a pianta ellittica e dalla facciata curvilinea. A ridosso delle abitazioni, la cinquecentesca chiesa del Santissimo Crocifisso, collegata ad esse tramite un arco ribassato che consente il passaggio nel cortile interno, e la chiesa di San Sebastiano (XVII sec.), lungo il corso principale, nota per il maestoso organo a mantice custodito all’interno.

Palazzo San Gervasio è anche un ottimo punto di partenza per escursioni nella natura. Nel vicino bosco Santa Giulia, esteso su una superficie di mille ettari, infatti, sorge il lago artificiale Lago Fontetusio, racchiuso in una conca naturale molto amata dagli appassionati di pesca sportiva, tra alberi secolari e una fitta pineta. Per il predominante silenzio, il laghetto è luogo ideale per la nidificazione di numerose specie di uccelli, a cominciare da cigni ed anatre. Assai piacevole passeggiare nel bosco sopra il laghetto, alla ricerca di antiche fontane e grotte della transumanza risalenti al 1200.

Il bosco è ricco di funghi (cardoncelli, galletti, chiodini, mazze di tamburo in autunno e porcini a fine estate) e di asparagi in primavera. Ci si può imbattere in scoiattoli, cinghiali, qualche lupo, istrici, daini, volpi e gatti selvatici. Nel torrente Valerio (sotto il lago) vengono spesso avvistate anche le lontre.

Noi abbiamo soggiornato proprio a due passi dal lago, nel cuore della pineta, su un tappeto di aghi di pino e ciclamini selvatici. Siamo stati al Camping Makumba (ex campeggio comunale). La ripida discesa, complicata soprattutto in salita in caso di pioggia, conduce ad una zona silenziosa ed ombreggiata, dove dormire accompagnati dal “canto” delle civette e dei gufi. Qui piazzole, forni in pietra, tavoli in legno e servizi. L’area, recintata ed illuminata, è un’oasi di pace a poca distanza dalla zona di condivisione con macchinette self service, divani e biliardino. Qui abbiamo conosciuto Donato, vera anima tuttofare del camping, conoscitore esperto dei dintorni e fonte inesauribile di consigli e suggerimenti.

Costruito nel 1997 dal Comune, è stato a lungo in stato di abbandono. Preso in custodia da privati nel 2016, è in via di riqualificazione. La “nuova gestione” ha annunciato nel 2020 l’inaugurazione del bar, del parco acrobatico sugli alberi, del tiro con l’arco e di un cartellone di eventi musicali. Particolarmente apprezzato dai camperisti, il camping ospita spesso anche gruppi scout ed organizza visite guidate nel bosco.

E per concludere in bontà (oltre che in bellezza), ecco qualche suggerimento sui piatti tipici del posto: i “calzoncelli” con ripieno di pasta di ceci nel vin cotto di fichi o vino e, “u’ Còzon”, calzone farcito con mandorle, noci e fichi secchi. Ottime sono anche le crespelle condite con vin cotto o miele e le classiche “pettole” fritte e le ciambelline glassate. A San Giuseppe assaggiate le “lagane” con mollica, zucchero e cannella ed a Pasquetta, il “vredett”, brodetto preparato con finocchietto selvatico, carne d’agnello e uova. Tipici anche il pan cotto (pane raffermo, cime di rapa, patate e peperoni cruschi), e il grano cotto (grano lesso condito con vin cotto) per il 2 novembre in ricorrenza con il giorno dei defunti.

Il tutto innaffiato da un corposo vino Aglianico Doc del Vulture.

Testi  Maristella Mantuano

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