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Pamplona, non solo tori nella perla tra Paesi Baschi e Navarra

Del nostro viaggio nei Paesi Baschi, la vera rivelazione è stata Pamplona. Per decidere di visitarla abbiamo dovuto scalfire il pregiudizio nei confronti di una città conosciuta più per la fiesta di San Fermín (naturalmente noi siamo dalla parte dei poveri tori, costretti a correre nei vicoli tortuosi del centro storico invaso da migliaia di persone, fino a raggiungere la Plaza de los Toros) che per i suoi splendidi parchi, il delizioso borgo antico, le due università, il sistema di trasporto pubblico comodo ed efficiente (24 linee di bus e 10 notturni) e la movida notturna. 

La storia di Pamplona passa dal dominio musulmano al regno di Navarra, quando era ancora divisa in tre quartieri: il nucleo originario, Navarrería, il quartiere dei commercianti, San Cernin, e quello degli immigrati, San Nicolás. Solo nel 1423 si abbatterono le mura interne, si collegarono e fortificarono quelle esterne in un’unica grande muraglia difensiva e si costruì il Municipio proprio nel punto di confine dei tre borghi. Dinanzi alla sua bella facciata in stile barocco con “contaminazioni” neoclassiche, il 6 luglio, la folla vestita di bianco attende il via ufficiale ai celebri festeggiamenti di San Fermín, con il lancio del chupinazo (piccolo razzo, ndr), dopo il quale si può annodare al collo il fazzoletto rosso, simbolo del martirio del Santo decapitato. Il portale, anch’esso barocco, e le sculture, che rappresentano simbolicamente le virtù dell’uomo, di sera sono ancora più suggestive, grazie alla magistrale illuminazione. Partono da qui due delle strade iconiche dell’encierro dei tori, ma anche dei locali di tapas e delle botteghe tipiche: calle Estafeta e Calle Mercaderes, con le loro curve a gomito e passaggi angusti. 

Sulla pedonale via dello shopping (avenida Carlos III), che comincia da plaza del Castillo e sulla quale si affaccia anche il Teatro Gayarre, dedicato al celebre tenore navarro, non potrà sfuggirvi il monumento bronzeo dedicato all’encierro, scultura di Rafael Huerta (2007) che raffigura la corsa di uomini inseguiti dai tori. Nonostante la possenza dovuta anche alla base in cemento, è un’opera dal grande dinamismo capace di cogliere l’attimo della foga e di raffigurare lo sforzo e la paura nei volti dei protagonisti.

Anche chi (come noi) è contrario a tutte le tradizioni che coinvolgano in modo violento gli animali (in questo caso i tori), non può rimanere impassibile dinanzi alla passione diffusa per la festa di San Fermìn. Cedette al suo fascino anche lo scrittore americano Ernest Hemingway, Premio Nobel per la letteratura nel 1954, che dopo aver visitato la Navarra per ben 9 volte, parlò di San Fermín nel romanzo “Fiesta” (conosciuto in Italia con il titolo “Il sole sorge ancora”). Lo storico Cafè Iruña, del quale era cliente abituale, gli ha dedicato un angolo (el rincòn de Hemingway) con una statua a grandezza naturale e varie foto dell’epoca.

Da non perdere la visita a Plaza de los toros, la seconda più grande in Spagna (dopo Las Ventas di Madrid) e la quinta al mondo. Potrete accomodarvi sugli spalti capaci di accogliere fino a 20mila persone, attraversare la sabbiosa arena che ospita la corrida ed entrare nelle stalle e nei recinti dove stazionano i tori prima della festa. Tra locandine, foto e video d’epoca, approfondirete la storia di questa tradizione che ha reso Pamplona famosa in tutto il mondo nei tempi moderni.

In quelli passati, infatti, era già riconosciuta come piazzaforte difensiva contro la Francia e pedina di appoggio a Franco nella guerra civile, merito anche della posizione strategica al centro della Navarra. Durante il Rinascimento, proprio nel tentativo di respingere le frequenti incursioni francesi, il re Filippo II fece costruire una fortificazione pentagonale con un bastione ad ogni angolo: la Ciudadela, la migliore di Spagna ed una delle più grandi d’Europa, adesso convertita in polmone verde della città e contenitore di esposizioni artistiche. 

Il Portal de Francia, l’unico ad aver conservato il suo aspetto possente, con il ponte levatoio in legno, è un altro testimone di questo passato illustre. Dalla piacevole passeggiata sulle mura ombreggiate da alberi e con vista sulla valle circostante, si accede al centro storico attraverso la deliziosa plazuela de San José, davanti ad una particolare fontana sovrastata da tre lampioni (Fuente de los Delfines) che evitò, specie di notte, la scomoda e pericolosa discesa al fiume. Sempre lì anche altri due luoghi da record: l’edificio più antico della città (Casa del Músico) ed il convento de las Carmelitas Descalzas de San José, in una strada così stretta da chiamarsi Salsipuedes (esci se ci riesci, ndr). Scendendo ancora ci si ritrova davanti all’imponente Cattedrale, definita dallo scrittore Victor Hugo “una bella donna con orecchie d’asino” per via delle due enormi torri (in una è contenuta la campana funzionante più pesante di Spagna). L’ingresso a pagamento non invoglia particolarmente, ma il refettorio -addirittura più alto della facciata della navata stessa- e la tomba di Carlos III e di sua moglie Leonor, meritano una visita. 

Vale la pena allontanarsi di qualche km dal centro cittadino, per raggiungere Malatesta, una pizzeria informale e amata dai residenti, così come i suoi 4 soci ben assortiti: Aritz di Pamplona, Monica di Barcellona, Lorenzo di Roma e Paolo di Milano. Materie prime a km 0, massa lievitata per 72 ore, 6 varietà di birre artigianali, formaggi e mozzarella fatti arrivare direttamente dall’Italia: nel quartiere Txantrea, multietnico e residenziale, potrete gustare ottime pizze al taglio (i gusti cambiano a seconda dei prodotti di stagione) sui tavoli in legno nel giardino o nella colorata sala interna. Aperta sia a pranzo che a cena, è un’ottima alternativa ai tanti tapas bar del centro, affollati e costosi. Da non perdere anche le crocchette e le patatine fritte, super sottili e croccanti, condite con una gustosa polvere di pomodoro e basilico. Come dessert, da provare il delicato birramisù, con birra al posto del cognac. 

Al di fuori del casco antiguo, Pamplona offre anche splendidi parchi, ideali per passeggiare o fare sport. A cominciare dal Parque de la Taconera, il più antico della città, disseminato di statue ed opere d’arte, e con un ampio fossato abitato da cervi, pavoni ed anatre. In onore all’omonima città gemellata con Pamplona, c’è il Parque Yamaguchi, dall’atmosfera tipicamente giapponese: pagoda, geyser, stagno attraversabile su un pontile in legno, ninfee e piante esotiche. Ha sede qui anche il Planetario cittadino, aperto per visite, proiezioni ed attività per grandi e piccini. Nello spiazzo all’esterno, una delle più grandi tavole periodiche al mondo, realizzata per commemorare i 150 anni della pubblicazione dei lavori del chimico russo Dmitri Mendeléyev, che inventò proprio la tavola stessa. Ognuno dei 118 cubi di cemento di 1 mt x 1 mt, mostra le informazioni dell’elemento (simbolo, numero atomico, etc) in quattro lingue (euskera, castellano, inglese e francese). 

Ed è proprio da una delle tante zone verdi di Pamplona che ci congediamo dopo giornate di caldo afoso, ancora più convinti dell’importanza delle zone verdi diffuse in città (parchi, giardini, viali alberati, etc) sulla qualità della vita dei residenti, oltre che dei tanti turisti. 

Foto di Victor Liotine – Testo di Maristella Mantuano

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