A mezz’ora da Matera ed a 15 minuti da Altamura, famose rispettivamente per i Sassi ed il pane DOP, c’è Gravina di Puglia, borgo di 42mila abitanti, dal passato illustre anche per aver dato i natali a Papa Benedetto XIII. Nel cuore del Parco Nazionale dell’Alta Murgia, circondata da fertili terreni di natura calcarenitica, si è sviluppata sulle sponde di un canyon attraversato dal torrente Gravina, collegate da quello che costituisce anche il simbolo della città: il Ponte dell’Acquedotto.
Abitata fin dall’Età del Ferro, fu crocevia dei romani, che la chiamavano Silvum – foresta – per via del Bosco di Difesa Grande, 1890 ettari a 6 km dal centro, tuttora tra i più grandi della Puglia. Durante l’impero normanno-svevo fu “giardino delle delizie” di Federico II, che qui fece costruire una residenza di caccia in posizione elevata per avere la migliore visuale sia sul versante delle Murge che su quello degli Appenini Lucani.
Ma torniamo al simbolo del paese: il Ponte dell’Acquedotto, con la sua spettacolare struttura ad archi lunga 90 mt, larga 5,5 ed alta 37. Costruito intorno al 1686 per permettere ai fedeli di raggiungere, sulla sponda di fronte, la chiesetta rupestre della Madonna della Stella, andò parzialmente distrutto con il terremoto del 1722. La famiglia nobile Orsini, trasferitasi da Roma e di cui faceva parte anche il pontefice nato a Gravina, ne ordinò la ricostruzione dandogli la funzione di acquedotto: i cittadini potettero così portare l’acqua delle sorgenti di Sant’Angelo e San Giacomo direttamente sotto le mura attraverso le fontane (pilacci) alle due estremità del ponte. Attraversatelo sia al mattino che al tramonto per apprezzare la diversità dello scenario a seconda della luce.
Furono gli stessi Orsini, in particolare i genitori di Papa Benedetto XIII, a commissionare la realizzazione della chiesa di Santa Maria del Suffragio, detta anche “del Purgatorio”, adibita a cappella funeraria della famiglia tra il 1649 e il 1654. Ad una navata, con sette altari, si caratterizza per l’opera di Francesco Guarini su quello maggiore e per lo spettrale portale sul cui timpano sono sdraiati due scheletri.
Ricca di spunti interessanti anche la vicina chiesa convento San Francesco d’Assisi, che pare sia stata fatta costruire da alcuni frati minori mandati a Gravina direttamente dal Santo Patrono d’Italia. Progettata probabilmente su influenza del Bramante, è stata più volte restaurata ed ammodernata. L’interno è un bell’esempio di stile rinascimentale (alcuni dipinti sono di scuola raffaelliana) e la torre Campanaria, eretta nel 1766, è ancora oggi uno dei monumenti iconici di Gravina.
Da non perdere anche le chiese rupestri, a cominciare, a pochi passi dal ponte, dalla suggestiva chiesa della Madonna della Stella. Questo complesso di grotte naturali e scavate dalla mano dell’uomo, fu a lungo dedicato al culto pagano ancestrale della fertilità che qui si praticava con riti orgiastici poi vietati nel 1693. Sono ancora tante, le donne che ci vengono perché di buon auspicio a diventare madri.
Altrettanto interessante la più grande chiesa rupestre gravinese, quella dedicata a San Michele delle Grotte, in un luogo utilizzato un tempo per le sepolture e pare anche prima cattedrale di Gravina. All’interno numerosi affreschi, tra i quali quello più pregevole raffigurante Gesù Pantocratore al centro e San Paolo e San Michele ai lati. Sempre per rimanere in tema di architettura rupestre, nella zona ovest del paese, non perdete il complesso delle Sette Camere, un vero e proprio quartiere scavato su tre livelli nella roccia.
Tornando all’architettura religiosa, durante la vostra visita al bel centro storico di Gravina, non può mancare l’attuale Cattedrale, intitolata a Santa Maria Assunta e risalente all’XI secolo (ma rimaneggiata nel Quattrocento in stile romanico-rinascimentale). Splendido il soffitto in legno dorato in stile barocco, il coro in noce del ‘500 e l’organo a 2135 canne. Imponente anche il Fonte battesimale e finemente decorato il portone ovest. Se siete fortunati, potrete visitare anche la suggestiva Cripta di Santa Croce, dove fino agli inizi del Settecento v’era una grande fossa adibita a sepolcreto comune, e l’imponente campanile a pianta quadrata con 4 ordini e ben cinque campane.
Proprio di fronte alla Cattedrale, c’è la Casa Museo della Cola-Cola. Nei vicoli lastricati e negli slarghi fioriti, tra botteghe artigiane e negozi storici, vi imbatterete spesso in questo fischietto bitonale di terracotta a forma di gazza (da non confondere con il classico galletto pugliese) che pare abiti solo nel bosco gravinese Difesa Grande. Perfetta come cadeux da portare a casa, è simbolo di rinascita e fertilità.
La visita a Gravina non può che concludersi nell’enorme reticolo di cunicoli, anfratti, depositi che costituiscono una città sotterranea tutta da scoprire. Con le guide di Gravina Sotterranea (gravinasotterranea.it), scenderete attraverso scale ripide e scoscese, in ambienti suggestivamente illuminati, connessi tra loro e piacevolmente freschi. Qui, infatti, grazie alla porosità del tufo, la temperatura è costante sui 15 gradi tutto l’anno. Proprio per questo i normanni cominciarono a conservarci il vino, bucando il soffitto per permettere la fuoriuscita dell’anidride carbonica generata dalla fermentazione. Non vi fate spaventare da statue e dipinti raffiguranti demoni e diavoli: servivano a scoraggiare ladri ed intrusi da incursioni sotterranee alle tante cisterne ingegnosamente impermeabilizzate ed alle cantine dove sono stati ritrovati oggetti di ogni tipo (biciclette, attrezzi per l’agricoltura, taniche di olio, etc).
Un paese, Gravina in Puglia, vicino ai grandi attrattori turistici ma ancora autentico e per questo rappresentativo al meglio di una terra di confine, scenario della laboriosa operosità contadina ma anche testimone di un passato illustre.
Dove dormire
Se viaggiate in camper, roulotte o tenda, c’è l’area sosta dell’Agricola Capone (S.P. 52 Km. 8,00 – Belvedere di Dolcecanto – tel. 080 3269717), circondata dal silenzio delle vallate dai colori cangianti in base alla coltivazione. Un luogo immerso nei rumori e nei profumi della natura, dove ci si può accomodare sulla panchina gigante n. 126 delle Big Bench Community Project ed ammirare il paesaggio più bradanico che murgiano. Il centro città è raggiungibile a piedi attraverso il percorso di trekking puntellato dai piloni dell’acquedotto, lungo circa 8 km e con 100 mt di dislivello.
Splendida anche Masseria Spiga, antico palombaio (struttura tipica murgiana per la caccia alla colomba selvatica) immerso nella campagna circostante, rinnovata con gusto e dotata di ogni confort (anche di una piscina dove rinfrescarsi nelle afose estati pugliesi). Le stanze sono rappresentative dello stile locale, essenziale e mediterraneo; le colazioni dei suoi sapori più autentici, preparati secondo le ricette della tradizione e con ingredienti a km 0. Un luogo perfetto come base per scoprire i dintorni e per ritrovare i ritmi lenti della vita di campagna (www.masseriaspiga.it).
Dove mangiare
Per assaggiare piatti tipici, c’è Zia Rosa (www.trattoriaziarosa.com), un’istituzione a Gravina. Proprio al piano terra di questa palazzina del 1500, un tempo c’era una cantina dove gli uomini del paese si fermavano a bere. Entrando, ammirate lo chef e la sua brigata all’opera in cucina, accomodatevi in una delle salette con volte a botte e lasciatevi consigliare dal personale gentile ed esperto. Da non perdere il tipico pancotto gravinese a base di fette di pane raffermo, finocchietto, cimette di rapa, patate, cipolla, aglio, pomodorini, sale, olio, peperoncino e uova (una per ogni commensale).
Vista da togliere il fiato (ma non l’appetito) alla trattoria Mamma Mia (Via Civita 59 – tel. 080 3264509), dove si respira un’atmosfera rilassata e si assaggiano piatti della tradizione sulla bella terrazza o negli ambienti interni con affaccio sulla gravina sottostante. Menù fisso con ben 7 varietà di antipasti, due assaggini di primo legati alla stagionalità e fine pasto con dessert e liquore al finocchietto della casa. Se preferite il secondo, non rimarrete affatto delusi da quelli di carne. Gustosi ed a prezzi equi.
Testi Maristella Mantuano
Foto V. Liotine
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