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Procida, Capitale italiana della Cultura 2022: storia di un successo

Non un capoluogo di provincia o una città popolosa. Per la prima volta dalla sua istituzione, il titolo di Capitale Italiana della Cultura 2022 va ad un’isoletta variopinta con poco più di 10mila abitanti: Procida, di fronte a Napoli e vicina alle più famose Capri ed Ischia.

“La cultura non Isola” è il titolo della candidatura di Procida, che consta di 330 giorni di programmazione, 240 artisti, 40 opere originali, 8 spazi culturali rigenerati e 44 progetti culturali. Non solo un titolo formale: il Ministero dei Beni Culturali ha già stanziato un milione di euro per l’attuazione del progetto . Una sorta di riscatto per quella che da sempre è considerata la Cenerentola delle tre isole del golfo di Napoli.

L’isola di Procida si fa amare molto facilmente prima ancora di metterci piede. Arrivando a bordo di uno dei tanti traghetti o aliscafi che la collegano a Napoli e Pozzuoli, si staglia nel blu del mare Mediterraneo con i suoi edifici arroccati. I colori pastelli (rosa, giallo, verdino e celeste) sembrano luccicare, baciati dal sole e dal riflesso dell’acqua sottostante dove galleggiano decine di barche.

All’interno del borgo di Terra Murata, sorge una delle sue bellezze più famose e più di recente ristrutturate: Palazzo D’Avalos, ora polo museale, ma un tempo carcere di massima sicurezza a picco sul mare, dove hanno scontato la pena anche Cesare Rosaroll e Luigi Settembrini (il primo ordì di uccidere re Ferdinando II; il secondo fu patriota e cospiratore), oltre a molti personaggi della “nomenclatura fascista”. Costruito alla fine del Cinquecento e confiscato nel 1734 dai regnanti borbonici, divenne sia per Carlo III che per Ferdinando IV residenza reale per la caccia. Fu poi trasformato nel 1815 in scuola militare e nel 1830 in carcere.

Fu proprio la costruzione di Palazzo D’Avalos e dell’accesso via terra, a stimolare lo sviluppo del borgo di Terra Murata, che presto fu impreziosito dal Monastero di Santa Margherita, dove i monaci domenicani si trasferirono a causa delle incursioni saracene. Nel rigido inverno del 1956 la chiesa e il convento subirono importanti crolli e le opere di restauro non sono ancora state completate. Ciò che lo rende davvero imperdibile è la vista dal terrazzo affacciato sulle case della Corricella, la marina più antica dell’isola, e sul borgo di Terra Murata. Diventato patrimonio comunale, attualmente è sede di mostre ed eventi culturali.

Da non perdere anche la Chiesa della Madonna delle Grazie (1679), anch’essa affacciata su Corricella, dalla quale godere di un panorama mozzafiato sul mare. In stile barocco con pianta a croce greca, ospita sull'altare centrale una tela che rappresenta la Madonna delle Grazie, arricchita nel 1854 d'oro e d'argento dai fedeli isolani come ringraziamento di aver liberato Procida dal colera.

Quando arriverete a Corricella, vi sembrerà di esserci già stati. Un déjà vu dovuto al film “Il Postino”, considerato il testamento professionale di Massimo Troisi, geniale attore napoletano prematuramente scomparso nel 1994. Anche le multinazionali Apple ed a seguire Microsoft, nel 2005, scelsero due differenti scorci dell’isola per presentare le potenzialità cromatiche degli allora ultimi modelli di devices mobili. Il merito di averla ribattezzata “L’isola di Arturo”, Procida lo deve , invece, alla scrittrice Elsa Morante, che qui vi ambientò il romanzo proprio così titolato.

Come ogni isola che si rispetti, anche Procida ha una lunga tradizione di navigatori e pescatori, resa ancora più solida dalla solo recente vocazione turistica. Questa fiera gente di mare si ritrova spesso, in partenza o di ritorno, a pregare nella Chiesa Santa Maria della Pietà e San Giovanni Battista, proprio al centro di Marina Grande, a due passi dal porto di sbarco per traghetti e aliscafi. Di costruzione seicentesca, si caratterizza per un ampio sagrato, palcoscenico di gran parte delle manifestazioni che si svolgono sull’isola, e per i numerosi ex voto che ornano l’altare maggiore (un timone, un’ancora e due velieri) oltre che per la tela raffigurante San Michele Arcangelo, patrono di Procida e del piccolo borgo marinaro di Sant’Angelo, nella vicina isola d’Ischia.

Procida è anche natura incontaminata: ne è un esempio l’isola di Vivara, porzione di terra collegata da un vecchio ponte pedonale . Oasi naturalistica protetta dal 1974 e riserva naturale dello Stato dal 2002, Vivara è ciò che resta di un cratere vulcanico di circa 3 km di perimetro. E’ popolata solo da vegetazione rara, conigli selvatici e uccelli acquatici, oltre che essere luogo di ritrovamenti archeologici di origine micenea. I suoi fondali, particolarmente amati da chi si diletta in snorkeling, sono una giungla di piante acquatiche marine. Splendido il panorama su Ischia e sulla costa campana dalla terrazza della casa del Duca De Guevara (1681) - unico edificio dell’isoletta - che divenne “Casino di Caccia Borbonico”.

Il ponte che collega Vivara a Procida “nasce” sul promontorio di Santa Margherita Vecchia, a pochi metri dalla famosa Spiaggia della Chiaiolella, con i suoi fondali bassi, incorniciati da rocce ricoperte di macchia mediterranea e da due faraglioni di tufo, formatisi dopo la frana del costone roccioso che divideva la spiaggia da quella del Ciraccio. Su entrambe splende il sole a qualsiasi ora del giorno e, specie nel pomeriggio, si leva un vento di maestrale che rinfresca l’aria, increspa il mare e porta novità, prima fra tutte quella di fare di una piccola isola del Mediterraneo la Capitale italiana della Cultura 2022.

Info: www.procida2022.com


Testi  Maristella Mantuano




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