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Gravina in Puglia tra sotterranei chiese rupestri e buon vino

A mezz’ora da Matera ed a 15 minuti da Altamura, famose rispettivamente per i Sassi ed il pane DOP, c’è Gravina di Puglia, borgo di 42mila abitanti, dal passato così illustre da aver dato i natali addirittura ad un Papa (Benedetto XIII). Nel cuore del Parco Nazionale dell’Alta Murgia, circondata da terreni coltivati di natura calcarenitica, si è sviluppata sulle due sponde di un canyon attraversato dal torrente Gravina, collegate da quello che costituisce anche l’immagine simbolo della città: il Ponte dell’Acquedotto.

Abitata fin dall’Età del Ferro (i resti sono stati rinvenuti durante gli scavi archeologici nell’area di Botromagno), fu crocevia dei romani (che la chiamavano Silvum – foresta - per via del vicino Bosco di Difesa Grande, 1890 ettari a 6 km dal centro, tuttora tra i più grandi della Puglia) e “giardino delle delizie” degli Svevi (qui Federico II fece costruire la sua residenza di caccia in posizione elevate, in modo da poter aver una vista eccellente sia sul versante delle Murge che su quello degli Appenini Lucani). Dopo le invasioni barbariche, visse periodi di fulgido sviluppo economico e culturale con bizantini ed angioini, che la fecero sede della famosa Fiera di San Giorgio, giunta quest’anno alla 729esima edizione, dedicata allora come oggi al mondo dell’agricoltura, dell’agroalimentare e della pastorizia.

Ma torniamo al simbolo del paese: il ponte. Con la sua spettacolare struttura ad archi, è lungo 90 mt , largo 5,5 e alto 37. Costruito intorno al 1686 inizialmente per permettere ai fedeli di raggiungere sulla sponda di fronte la chiesetta rupestre della Madonna della Stella, andò parzialmente distrutto con il terremoto del 1722. La famiglia Orsini di Roma (trasferitasi nel feudo di Gravina) ne ordinò la ricostruzione sottoforma di acquedotto, per portare l’acqua delle sorgenti di Sant’Angelo e San Giacomo, direttamente sotto le mura attraverso le fontane (pilacci) alle due estremità. Attraversatelo e passeggiate su entrambe le sponde sia al mattino che al tramonto: la luce è così diversa nei due orari da far sembrare completamente diverso lo scenario.

Visitate la suggestiva chiesetta rupestre della Madonna con bambino con una stella sulla fronte. Utilizzata in origine come luogo di culto precristiano, è un complesso dedicato al culto pagano ancestrale della fertilità che qui si praticava con riti orgiastici che furono vietati nel 1693. Ne resta la leggenda che le donne che hanno difficoltà di procreazione vengano qui per ricevere la grazia della fertilità.

Altrettanto interessante anche la più grande chiesa rupestre gravinese, quella dedicata a San Michele delle Grotte. Questa, che pare fu la prima cattedrale di Gravina, è scavata all’interno di un complesso di rocce utilizzato secondo molti come luogo di sepoltura. All’interno numerosi affreschi, tra i quali quello più pregevole raffigurante Gesù Pantocratore al centro e San Paolo e San Michele ai lati.

Sempre per rimanere in tema di architettura rupestre, non perdete il complesso delle Sette Camere, un vero e proprio quartiere scavato su tre livelli nella zona Ovest del paese.

Tornando all’architettura religiosa, durante la vostra visita al delizioso centro storico, non dimenticate l’attuale Cattedrale di Gravina, intitolata a Santa Maria Assunta e risalente all’XI secolo (ma rimaneggiata nel Quattrocento in stile romanico-rinascimentale). Splendido il soffitto in legno dorato in stile barocco, il coro in legno di noce del ‘500 e l’organo a 2135 canne. Imponente anche il Fonte battesimale. Scendete (sempre che sia aperta) nella Cripta di Santa Croce, dove fino agli inizi del Settecento v’era una grande fossa, adibita a sepolcreto comune.

Proprio di fronte alla cattedrale, potrete approfondire le origini della Cola-Cola, simbolo di Gravina, nell’omonima Casa Museo. Questo fischietto bitonale di terracotta a forma di uccello (da non confondersi con il classico galletto pugliese) rappresenta la gazza (Pica Caudata) che pare abiti solo nel bosco gravinese Difesa Grande. Un simbolo di rinascita e fertilità che a Gravina troverete ovunque e che finirete per portare a casa come ricordo.

Altro simbolo della città sono certamente i suoi sotterranei, un reticolo percorribile attraverso le visite guidate di Gravina Sotterranea (da 45 e da 90 minuti). Attraverso scale ripide e scoscese vi immergerete in una città sotto la città, spesso scenograficamente illuminata da linee di luce che accompagneranno la vostra visita al fresco. Qui, infatti, la temperatura è fissa sui 15 gradi (non dimenticate maglione e scarpe comode) grazie alla porosità del tufo. Per questo i normanni cominciarono a conservarci il vino, bucando il soffitto per permettere la fuoriuscita dell’anidride carbonica generata dalla fermentazione. Visiterete anche un’enorme cisterna impermeabile, capace di contenere ½ milione di litri di acqua, e numerosi spazi adibiti a cantina e “vigilati” da statue raffiguranti il diavolo con lo scopo di scoraggiare ladri ed intrusi.

Ecco, infine, i nostri consigli su dove fermarvi a dormire. Se viaggiate in camper, c’è l’area sosta dell’Agricola Capone, sul belvedere di Dolcecanto, circondata dal silenzio delle vallate dai colori cangianti (in base alla coltivazione in quel periodo dell’anno). Un luogo immerso nei soli rumori, colori e profumi della natura, dove i turisti arrivano per sedersi sulla panchina gigante n. 126 delle Big Bench Community Project. Sedetevi ad ammirare il paesaggio (più bradanico che murgiano), tornate a sentirvi bambini su questa panchina fuori scala, capace di accogliere più persone, in un’ottica di condivisione dell’emozione. Anche fattoria didattica e spaccio del vino (Dolcecanto bianco e rosso) prodotto dal proprietario Michele nell’ettaro e mezzo coltivato a vigneto, l’area sosta camper può ospitare fino a 10 tra camper, roulotte e tende, ed offre energia elettrica, acqua e servizi. Il centro città, distante circa 8 km e con 100 mt di dislivello in discesa, è percorribile a piedi attraverso un percorso di trekking segnato, cosiddetto “via dei Piloni” per i tanti piloni dell’Acquedotto. Abbiamo adorato il cielo stellato particolarmente apprezzabile per il buio circostante e la sveglia del gallo, accompagnato nell’aia da galline e oche.

Per assaggiare piatti tipici, c’è Zia Rosa, un’istituzione a Gravina. Proprio lì, una certa zia Rosa aveva una cantinetta dove gli uomini del paese si fermavano a bere. Al piano terra di questa palazzina del 1500, oggi si celebra la cucina autentica di Gravina. Entrando, ammirate lo chef e la sua brigata all’opera in cucina, accomodatevi in una delle salette con volte a botte e lasciatevi consigliare dal personale gentile ed esperto. Da non perdere il tipico pancotto gravinese a base di fette di pane raffermo, finocchietto, cimette di rapa, patate, cipolla, aglio, pomodorini, sale, olio, peperoncino e uova (una per ogni commensale).


Testi  Maristella Mantuano

Foto  V. Liotine




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