La Basilicata dei boschi e dei panorami in quota: atmosfere medievali nei borghi del Potentino

Di giorno si lavora in città. Di domenica si torna in paese a trovare genitori e nonni nella casa dove si è trascorsa l’infanzia. In piccoli paesini dovrebbe significare un aumento esponenziale di persone e traffico. Lo è, ad eccezione dell’ora della messa nella chiesa madre. Vi partecipa quasi tutto il paese (chi non ci va resta comunque a casa a preparare il pranzo). In luoghi come la Basilicata il tempo e le dinamiche di un intero paese sono ancora condizionati dalla messa e dai pranzi in famiglia, proprio come accadeva in passato.

In questo reportage vi suggeriamo la visita di tre splendide località in provincia di Potenza, ancora fuori dai circuiti turistici lucani, e perfette per un weekend immersi in natura e storia: Sasso di Castalda, Satriano Lucano e Brindisi di Montagna.
Viste dalla panoramica statale Tito-Brienza che attraversa la valle (e che le rende raggiungibili comodamente ed in poco tempo) sembrano presepi di pietra in miniatura, arroccati sulle montagne e testimoni di una storia millenaria.

L’itinerario comincia a Sasso di Castalda, 967 abitanti, a 27 km da Potenza ed a 940 metri sul livello del mare. Originariamente chiamata “Pietra Castalda” (cioè rupe fortificata), fu un’antica roccaforte normanna riedificata nella metà del XII secolo. Dell’imponente castello costruito dai Conti Gaetani d’Aragona, non restano che pochi ruderi.
Ben conservata, invece, la chiesa dell’Immacolata, con un portale particolare, ed all’interno, una statua della Madonna col bambino del Trecento, alcune tele del Quattrocento ed un confessionale intagliato e bellissimi affreschi del rinascimento. Cinque chilometri fuori paese, il suggestivo bosco della Costara nel cuore del parco nazionale dell’Appennino lucano. Percorrendo i tornanti fino a quota 1500 mt, si passa dinanzi alla Fontana di Fossa Cupa, dalla quale sgorga una delle migliori acque della Basilicata. Conviene rifornirsene prima di addentrarsi nel fitto bosco di faggi, dove il sole filtra frammentato ed il vento tra le foglie genera un fruscio che diventa la piacevole colonna sonora naturale della visita.
Superata un’area attrezzata con campi da bocce e da volley, noleggio mountain bike, tavoli e panche per picnic e strutture in pietra per il barbecue, ci si addentra nella vegetazione. E’ possibile ammirare faggi spettacolari. Impossibile non riconoscere, dopo una mezz’ora di sentiero attrezzato per esercizi fitness, il faggio di San Michele, uno degli alberi padri della Basilicata, tutelato da una legge regionale, dedicato all’arcangelo più forte nel combattere il male. La pelle corrugata e bitorzoluta porta i segni evidenti dell’età (300-400 anni): tante cicatrici deformi sul tronco di 6 mt di circonferenza (sono necessari 4/5 adulti per abbracciarlo). Secondo la tradizione è il primo albero a fiorire e a segnare l’arrivo della primavera. Intorno c’è un’area vitale: gli altri faggi si mantengono rispettosi a distanza, solo pochi cespugli di agrifogli intorno e qualche muschio alla base del tronco. Sotto la sua possente chioma, ci si può fermare per leggerne la storia o ritagliarsi qualche minuto di relax sulla panchina.
In questi sentieri e’ possibile anche ammirare simboli della vita agreste della gente del posto: ampi spiazzi (o aie) su cui venivano approntate carbonaie e neviere profonde dai tre ai cinque metri dove conservare neve cui attingere in estate. Seguendo le indicazioni “punto panoramico” si arriva su un fianco scosceso della montagna privo di faggi ed affacciato sulla verde vallata. Da qui, attraverso la bretella del sentiero Frassati, si potrà fare ritorno al paese.
Scegliendo altri sentieri si può anche costeggiare il torrente San Michele, tra mulini e ponticelli, o arrivare fino alle piste sciistiche (1709 mt) dominate dal caratteristico Rifugio Costaro, in perfetto stile montanaro.

A 7 km da Sasso di Castalda, ben visibile dalla strada (sulla quale si noti all’altezza del ponte Candaro, la splendida parete di pinnacle di roccia friabile) c’è la famosa torre normanna di Satriano di Lucania. Raggiungerla non è facilissimo. Con l’auto, infatti, e’ possibile percorrere circa i tre quarti della ripida salita. L’ultima parte necessita di fiato (per l’altezza oltre che per lo sforzo) e di buon equilibrio, considerato il terreno sconnesso ed i tanti sassi. La fatica, tuttavia, e’ ampiamente ripagata. Pur non essendo visitabile perché (al momento in cui scriviamo) oggetto di restauro, la torre regala emozioni incredibili. Innanzitutto ci si trova davanti un panorama davvero mozzafiato: dominando tutta la vallata, consente allo sguardo di spaziare tra le montagne ed i paesini in fondo.
Il silenzio che la circonda e’ rotto solo dal vento e dai rumori che provengono dalle masserie anche a decine di km di distanza. I monti e le colline infatti la rendono il centro di una cassa di risonanza dall’acustica perfetta. Basta alzare gli occhi al cielo, per godere dello spettacolare volo di decine di enormi falchi. Non è un caso, dunque, che i normanni l’abbiano costruita e utilizzata per il controllo dell’intera zona.
Intorno, in recenti scavi archeologici, sono stati rinvenuti frammenti di ceramica che hanno fatto datare la fondazione di Satriano tra il X ed il VII secolo a.C. Da allora, fino alla fine del Medioevo, la stratificazione storica non si è mai interrotta.

Satriano, un tempo nota come Pietrafesa, offre anche altro al visitatore. Per aver dato i natali al pittore lucano più famoso del Seicento (Giovanni De Gregorio, che ha lasciato ai suoi concittadini una vocazione per la pittura), e’ diventata la capitale dei murales: sui muri di case private e degli edifici pubblici, fatti a mano da pittori professionisti, rappresentano le origini agricole e contadine (così come lo stemma con tre spighe di grano) e la civiltà medievale. I murales tipizzano ed impreziosiscono un centro storico già di per sé delizioso anche perché affacciato sul verde ed illuminato lungofiume Melandro, ritrovo di sera dei giovani del paese.
Poco fuori, lungo la strada comunale, dopo un fontanile ed un casone ben tenuti, si raggiunge il bosco Ralle, paradiso del pescatori sportivi per le tante trote nel bacino artificiale sul corso del Melandro (894 mt). Lasciandosi alle spalle l’area picnic, ci si può addentrare nella fitta vegetazione. Dopo un tratto nell’inestricabile intreccio di faggi, querce ed aceri, si sbuca dinanzi ad uno splendido laghetto degno di un quadro impressionista di Monet. Una bella passeggiata anche se i sentieri sono privi di segnaletica e quindi accessibili solo ai più esperti di trekking.

A 33 km un altro paese che ha nel castello in quota il proprio simbolo: Brindisi di Montagna. Si chiama così perché nell’omonimo porto pugliese sbarcarono i greci della città di Corona (con la quale la Brindisi lucana e’ tuttora gemellata) che ripopolarono il paese dopo il disastroso terremoto del 1456. Ad 800 mt sul livello del mare, questo piccolo borgo arroccato sulla montagna, e’ abitato da appena 931 persone. Ci si conosce tutti e a scuola le classi (spesso composte da cugini e fratelli) vengono accorpate per raggiungere un numero congruo di alunni.
Nell’alto medioevo fu sede dei monaci basiliani che si trasferirono nella badia di Santa Maria dell’Acqua Calda, così chiamata per la presenza di acqua termale. La badia divenne poi una grande azienda rurale condotta da monaci laici. Anche la piazza centrale e’ a misura di borgo: intima ed alberata, vede primeggiare la chiesa madre dedicata a San Nicola di Bari, con pregiati coro e trono lignei del Settecento.
Risente dell’influsso greco, invece  la piccola chiesa dedicata a San Vincenzo: stucchi bianchi, cornici celesti e maioliche sopravvissute ai terremoti. A pochi chilometri da Brindisi, nel cuore della foresta scoscesa e dalla vegetazione fitta, sorge il Parco Grancia, uno dei pochi storici, rurali ed ambientali. Qui d’estate “La storia bandita” dei briganti rivive dinanzi agli occhi esterrefatti di migliaia di spettatori, in uno spettacolo unico ed emozionante, cui la montagna fa da sfondo in tutta la sua maestosità.

Altro evento che da quindici anni richiama visitatori da tutto il Sud: le Giornate Medievali a fine ottobre. Il centro storico viene trasformato in un teatro dove grandi e piccini si tuffano nel passato tra streghe, alchimisti, menestrelli, giullari, falconieri, inquisitori, mercanti, templari e musici. Il  paese rivive i fasti della sua storia fedelmente ricostruita sulle gesta del feudatario Guidone De Foresta (A.D. 1268).
Sulle bancarelle allestite con tele di canapa grezza e assi di legno sono esposti scarpe in pelle, armi e armature per i cavalieri, oggetti in legno, cesti e gerle di vimini, otri e vasellame in terracotta, candele, lucernai e stendardi. Corteo storico, concerti di musica medievale e danze orientali, spettacoli di giocolieri, burattini, falconieri e mangiafuoco attirano ed intrattengono nella piazza centrale.
Nella chiesa all’ingresso del paese, anche il privilegio di assistere alla realizzazione di splendide icone sacre da parte di preti cattolici ed ortodossi.
Le Giornate Medievali sono anche un trionfo di sapori tipici: la ciambella ricoperta di cioccomiel (crema di cioccolato bianco e miele biologico), la zuppa di legumi, la peperonata ed il formaggio alla piastra diffondono nella via del gusto un profumo inconfondibile.

Per itinerari in zona, il luogo dove dormire dev’essere di facile accessibilità alla strada veloce Basentana e Tito-Brienza.
La Piana Hotel risponde perfettamente a questo requisito. A Tito, 18 km dal capoluogo ed alle spalle dell’oasi WWF Lago di Pantano (visitabile solo con tour guidato per 5 euro), offre da 6 anni 24 stanze dotate di ogni confort e modernamente arredate, con sale da bagno spaziose e docce comode e di ultima generazione. Gestito amorevolmente dal sig. Carmine e da sua moglie, mette gratuitamente a disposizione degli ospiti parcheggio, connessione wifi e partite esclusiva delle pay tv. Al ristorante, aperto al pubblico ed agli ospiti in mezza pensione, sono assolutamente da assaggiare gli strascinati ai peperoni cruschi, la scamorza locale alla griglia e la torta di ricotta e pera, preparati dalle sapienti mani dello chef lucano Antonio Gugliotta.
Il prezzo a notte a persona si aggira intorno ai 40-50 euro al giorno, ed è particolarmente conveniente in combinazione con attrazioni estive come il Volo dell’Angelo e lo spettacolo al Parco della Grancia. Di inverno, invece, e’ anche strategico per gli sportivi che vanno a sciare nella località de La Sellata.

Non resta che preparare le valige.




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