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Non solo Reggia: perché vale la pena fermarsi (o tornare) a Caserta.

Non sempre ciò che di più prezioso è ad altezza occhi. Spesso basta alzare il naso per scoprire tesori nascosti. E’ il caso di Caserta vecchia, a 10 km e 401 metri più in alto della città moderna. Monumento nazionale dal 1961, sorse con il nome “Casam Irtam” (dal latino: "villaggio in alto") già nell’800 a.C. e passò attraverso la dominazione longobarda, normanna, sveva ed aragonese. Vicoli lastricati, archi, resti di un castello e scorci mozzafiato sulla vallata richiamano turisti in qualsiasi stagione, specie durante le feste folk qui e nei borghi limitrofi di Casola, Pozzovetere e Sommana. Nelle sere d’estate, complice la frescura dovuta all’altezza, è il luogo ideale per rilassarsi sulle terrazze e nelle corti dei numerosi locali e ristoranti. Su questo dedalo di san pietrini, dove riecheggiano i passi di chi li calpesta, domina il campanile del duomo di San Michele Arcangelo, decorato in cima con il volto di marmo bianco (uno per ogni lato) di Benito Mussolini. In questo luogo spesso avvolto dalla foschia, non poteva mancare una leggenda. Si dice, infatti, che in epoca normanna, il duomo fu ampliato con materiali di spoglio di monumenti romani di altri edifici. Per portare fino in cima le quattro colonne,i casertani dovettero però invocare le fate che le portarono in testa in equilibrio fino in cima alla collina. E non è questa l’unica leggenda. Gli spiritelli della buona fortuna imperversano nelle botteghe artigiane, ritratti sul coccio con le espressioni più diverse. Comune denominatore: portano prosperità e fortuna. A chi li vende ed a chi li acquista.

Poco distante sorge la piccola chiesa di San Rufo, chiusa per vent’anni, la più antica di Caserta, anch’essa oggetto di una leggenda. Pare, infatti, che sia stata eretta dagli abitanti del posto in onore a Rufo, predicatore di Ravenna, ucciso dai sacerdoti del tempio e poi fatto Santo. In cima ad una scalinata, l’ingresso della chiesa è impreziosito da un portale principale in legno intagliato e decorato con stelle e motivi circolari del XIV secolo. Alla base dei gradini, invece, una croce indica la botola dalla quale ci si approvvigiona dell’acqua. Ad un'unica navata con cappelle laterali, contiene resti di affreschi del XVIII secolo di cui non si conosce l’autore. L'altare maggiore, in marmi policromi, opera di maestranze campane, è abbellito da una statua in cartapesta di San Rufo ad altezza d’uomo. Nelle cappelle laterali, ancora si conserva lo splendido pavimento in terracotta maiolicata della metà del Settecento, prodotto dalla bottega Massa di Maddaloni. Pregiato anche l’organo in legno che sembra marmo (ma che meglio di quest’ultimo assorbe i suoni) della fine del XVIII secolo. Peccato che sia stata chiusa per tanti anni e che, tuttora, sia aperta al pubblico raramente.

Durante la vostra visita a Caserta vecchia, non perdete l’occasione di fermarvi nell’unico ristorante insignito della chiocciola dello Slow Food: “Gli Scacchi”. Qui la parola d’ordine è stagionalità. Dinanzi al camino, in un ambiente caldo, accogliente ed intimo, la serata scorre veloce in compagnia dell’ospitale padrone di casa, Gino. Con la sua discreta simpatia riesce a mettere i clienti a proprio agio. A sua moglie Marilena riesce invece benissimo coccolarli attraverso piatti che uniscono materie prime locali e di grande qualità, con abbinamenti inediti e preparazioni sapienti. E’ il posto ideale per assaggiare il risotto al pecorino con brodo al burro di bufala e mele annurche o i ravioli con farina di castagne con soffice di patate e salsiccia di maiale casertano. Ottima panoramica sui sapori locali con la varietà di formaggi (capra, pecora, bufala e mucca). Per concludere, scende in tavola l’abc del gastronomia: torta di mele, torta ai frutti di bosco o caprese.

Ancora più sù di Caserta vecchia, sorge un altro gioiello noto a pochi: l’abbazia benedettina di San Pietro ad Montes, utilizzata nel 1970 da Pierpaolo Pasolini come set del suo film “Decameron”. Forse costruita dove un tempo vi era il tempio intitolato a Giove Tifatino, questa basilica romana ai piedi del monte Virgo durante la seconda guerra mondiale fu occupata e danneggiata dagli sfollati. Oggi invece ospita un Centro terapeutico per la lotta alla tossicodipendenza. E’ quindi purtroppo visitabile solo dietro richiesta ed in occasione di manifestazioni culturali. La costruzione a ridosso delle pendici rocciose del monte ne ha condizionato fortemente la planimetria rendendola necessariamente asimmetrica e con una pendenza del 2%. Affianco, il possente campanile a pianta quadrata, anch'esso in tufo e materiali di spoglio, seppure più tardo. Il complesso versa in una condizione di degrado ed incuria, tra muffe ed umidità. Un vero dolore di cuore per gli amanti di gioielli nascosti.

In una posizione comoda tra il borgo antico a monte e la città nuova a valle, a due passi anche da San Rufo e San Pietro ad montes, c’è il b&b “Montalbano”. Questa struttura in un palazzo d’epoca, con classica corte e scalinata all’interno, ha il suo punto forte nella vista dal terrazzo fiorito della signora Nunzia. Due gattoni vi faranno compagnia mentre farete colazione spingendo lo sguardo a Caserta vecchia, ai Borghi dell'asse pedemontano, alla Reggia, sullo sfondo di Vesuvio, Punta Campanella, Capri, della collina dei Camaldoli di Napoli e del monte Epomeo di Ischia. D’inverno, godrete del panorama attraverso la lunga vetrata dinanzi alle stanze, all’interno delle quali sarà anche servita la colazione a base di caffè o cappuccino, succhi di frutta, fette biscottate, burro e marmellate, croissant, crostate e dolci preparati dalla padrona di casa. Le tre stanze matrimoniali, ampie e con aria condizionata, sono dotate di ogni confort ed arredate con gusto. Particolarmente decorativi i tessuti scelti per i tendaggi e per la testata del letto che ricordano lo stile shabby chic di Laura Ashley. Fatevi consigliare cosa visitare nei dintorni da Benedetto, imprenditore in pensione, con la passione per l’ospitalità. Vi saprà indicare luoghi pregni di fascino e storia, fuori dai circuiti turistici mordi e fuggi di Caserta, quelli cioè che non prevedono altro al di fuori della Reggia.

Bene, anche noi (come altri 497.158 visitatori nel solo 2015) l’abbiamo visitata e, coprendoci gli occhi dinanzi ad alcune situazioni di trascuratezza (specie nei giardini), ci è piaciuta. Diciamo innanzitutto che è il palazzo reale più grande al mondo, con annesso un parco lungo 3 km e grande 120 ettari. Un polmone verde che consente a Caserta di essere al 21esimo posto nella classifica per verde urbano dei capoluoghi di provincia con meno di 80.000 abitanti. Un successone per una città del Sud. Abitata dai Borbone di Napoli, oltre per un breve periodo anche dai Murat, nel 1997 è stata dichiarata dall'UNESCO, insieme ai vicini acquedotto di Vanvitelli e complesso di San Leucio, patrimonio dell'umanità. Non è un caso, infatti, sia il quattordicesimo sito museale statale italiano più visitato. E forse anche uno dei più cinematografici: il regista George Lucas ha girato qui diverse scene del primo e del secondo episodio della serie Star Wars. E ancora: Mission Impossible 3, Io speriamo che me la cavo, Elisa di Rivombrosa, Angeli e Demoni e le fiction RAI Giovanni Paolo II e Luisa Sanfelice. Preziosa da reggere il confronto con la parigina Versailles e da essere definita l’ultima grande opera del Barocco italiano, la Reggia ha numeri da capogiro: 1200 stanze, 1742 finestre, 1026 fumaroli e 34 scale, e ricopre un’area di 47.000 m². Nella visita, soffermatevi su due elementi davvero particolari: il bidet che nel 1861 i funzionari sabaudi del neonato Regno d’Italia inventariarono come "strano oggetto a forma di chitarra" e la gabbietta dell’uccellino sospesa nella stanza della toeletta della regina, sotto la cui base vi è nascosto un orologio. Per tutte le altre meraviglie racchiuse in questo enorme scrigno di lusso e potere, vi affidiamo a qualsiasi guida cartacea, audio o in carne ed ossa.

Assolutamente imperdibile una passeggiata nello splendido parco alle spalle della Reggia, vissuto anche molto dai casertani stessi (facendo running o con bimbi al seguito) nonostante la quota annuale da pagare per accedervi. Si sviluppa lungo due viali paralleli in cui si susseguono maestose fontane alimentate dall'Acquedotto Carolino, che attinge l'acqua a 41 km di distanza e la porta fino alla Reggia attraverso 6 rilievi e 3 viadotti (molto famoso quello mastodontico di ispirazione romana nella Valle di Maddaloni). Il parco è composto da un Giardino all'italiana e da uno all’inglese. Nel primo furono costruite la Peschiera Vecchia, un lago artificiale con isolotto al centro per piccole battaglie navali, dove venivano anche allevati i pesci serviti a palazzo dai marinai che vi abitavano intorno, e la Castelluccia, una fortezza in miniatura con tanto di torre ottagonale, ponte levatoio e cinta bastionata, centro delle finte battaglie terrestri e, forse, dell'istruzione militare dei reali. Il giardino all’inglese, invece, ricalca l’idea di uno spazio quanto più possibile “naturale”, ricco di piante locali ed autoctone, mischiate ad essenze rare ed esotiche, in un contesto “romantico” di corsi d'acqua, laghetti, rovine come il bagno di Venere, il Criptoportico ed il tempio dorico, secondo la moda dell’epoca dettata dai recenti scavi pompeiani. Un luogo silenzioso, la cui aurea di mistero rimette in pace con se stessi e fa dimenticare lo stressante traffico appena fuori le mura.

Una volta terminata la visita a Reggia e parco, ritemprate membra e papille nella burgeria gourmet “Public House”. Lei, food blogger. Lui, dj. Ornella e Gianni sono loro l’anima e la mente di questo posto arredato con un mix di stili contemporanei e dalla grandezza giusta: né troppo grande, né troppo piccolo. Quaranta coperti sempre sold out nel weekend. In menù ben 7 tipi di burger (tutti serviti con patatine fritte), 4 tipi di fritture, 5 di birre e vini sempre diversi. “Un must della gastronomia statunitense riportato alla dimensione italiana – ci spiega Ornella, con guanti e grembiule glamour total black- Sono convinta sostenitrice del motto ‘fatto in casa è più buono’, per questo rivisito ricette campane e siciliane”. I clienti scelgono tra pane nero a carbone, pane bianco e sandwich ai 5 cereali. Anche la presentazione è particolarmente curata: invece del solito piatto, un cestino che riesce bene a contenere i gustosi ingredienti trasbordanti. I nostri preferiti? American Burger (il grande classico) ed Apple Burger (con mele annurche e maialino nero, tutto rigorosamente casertano). La novità: Pineapple burger (con ananas).

Dai burger passiamo ai toast. Sempre in zona Reggia c’è “Breaday”, una toasteria bio oggetto della tesi di laurea di una casertana che studia a Milano e che ha trasformato un’idea cool in esperimento di stile ed enogastronomia più che riuscito. Carrè, focacce, mega toast, crostone, pizzicotti, bagel: tutti rigorosamente home made da farcire come si preferisce e da accompagnare con bevande bio (tè e birre inclusi), insalatone e dolci monoporzione a base di yogurt. Street food tutta salute.

Nella visita a Caserta, concedetevi anche una passeggiata sulla centrale Corso Trieste, la via più elegante con negozi di giorno, locali alla strada di sera e mercatini vintage ed artigianali nel weekend. Fermatevi nella vicina ”Osteria Fratelli Porrino”. Due ambienti come due sono i fratelli che lo gestiscono, occupandosi Raffaele della cucina e Vincenzo della sala (con la cognata Roberta). Un affare di famiglia, dunque. E di tradizioni. Complice la presenza in zona di tanti uffici, potrete pranzare a base di prodotti freschi di giornata con soli 5 euro (primo, bibita e pane). In settimana pizzeria a pranzo e cena, sabato e domenica solo ristorante. Cominciate con bruschette mari e monti (con alici e verdure) e passate poi ai cremosi e saporitissimi scialatielli (linguine più doppie e più piccole) cacio e pepe. Ai tradizionalisti suggeriamo i paccheri ai frutti di mare: un trionfo di profumi e colori.

Se viaggiate con bambini, non perdete l’occasione di far stare anche loro con il naso all’insù per un pomeriggio. Un quarto d’ora a piedi dal centro c’è, infatti, un Planetario super tecnologico, dove il sabato e la domenica, nel tardo pomeriggio (sul sito il calendario aggiornato), i piccoli osservatori vengono guidati dal vivo dall’educatore Pietro Di Lorenzo e coinvolti direttamente in spettacoli e laboratori all’interno di una cupola di 7 metri di diametro. Su tutta la sua superficie, un cluster di 7 computer (5 dei quali riservati alle immagini degli altrettanti proiettori) consente la rappresentazione 3D dell’universo e la visualizzazione di 1 milione e 50 mila stelle con posizione, distanza, temperatura di colore e moto proprio, oltre che di oggetti del cielo profondo. Grazie anche ad un sistema Dolby Sorrounding, gli spettacoli consentono di vivere esperienze emozionanti ed istruttive allo stesso tempo. Nello spettacolo “In viaggio nel sistema solare” i bambini, per esempio, vivranno un’avventurosa esplorazione a bordo nell'astronave - Planetario. Rimarranno a bocca aperta.

E’ proprio vero: a Caserta basta alzare il naso per scoprire tesori nascosti.


Testi  Maristella Mantuano

Foto  V. Liotine




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